The door banged open. Paolo ignored it. If customers wanted his attention, they soon let him know. He kept his gaze on the two dozen rashers of bacon on the grill, flipped them, and cracked eight eggs into the frying pan to his left. Toast was the bane of his life. With a million other things to do, it was often the task that slipped by.

Or went horribly wrong.
The scent of burnt bread reached him. He lunged for the toaster in time to rescue six carbonated squares of Hovis white sliced. “Fuck’s sake.”

Irritation spread through him, adding to the stress of what had already been a shitty day. And it was barely eleven. The lunchtime rush was still to come, and if it went anything like breakfast, it was going to be murder.

He spun around to hurl the bread in the bin. Fresh loaves were stacked on the counter. Consumed by the twelve orders on the pass, Paolo blurred there and back without glancing up, but a lifetime spent serving fry-ups to the good—and bad—people of the neighbourhood had left him attuned to the presence of someone waiting at the counter. “Be with you in a minute, mate.”

No reply was forthcoming. Paolo shook his head. Idiot was probably lost in their phone, oblivious to the world around them like every other knobhead out there. Who’s got time for that shit?

Paolo didn’t. He loaded up a dozen plates, delivered them, and prepared himself to face whoever he’d kept waiting for ten minutes. Have a pop. I dare you.

He expected a tradesman or a hipster from the bank wanting “chai tea” when all Paolo stocked was Tetley, but as he reached the counter and finally looked up at the man flipping through the local rag, the six foot streak of brooding gorgeousness caught him off guard. Wow. This never happened.

Paolo had worked in the family cafe as long as he’d been able to walk and could count on one hand the fit blokes who’d walked in the door and turned his head. It was a sum total of two. Dante Pope and his younger brother Luis, but it had been a long time since either Pope brother had graced the high street. Rumour had it, Dante was running a county lines empire from his tower block apartment on Moss Farm while Luis Pope had been in prison for years. So long, Paolo had assumed he was never getting out and had forgotten all about him.

It’s not him. It can’t be.

But the more Paolo stared at the man at the counter, the harder it was to deny. Luis Pope had aged in the years he’d been gone, but fuck, if it hadn’t made him hotter. Like fine wine, time had chiselled his boyish good looks. His shoulders had broadened, and his hair had grown out. Dark stubble covered his strong jaw, and beneath his thin T-shirt, his torso was a long, rippled line of sinewy strength. He was . . . beautiful. Shame Paolo couldn’t stand him. Fucking waste man. What’s he even doing in here?

There was no way to find out without asking. Paolo wiped his hands on his apron. “What can I get you?”

Luis Pope kept his eyes on the newspaper, full bottom lip caught between his teeth, brows furrowed. Paolo wanted to punch him and rescue his pillowy lip in equal measure.

He settled for rapping his knuckled on the newspaper. “Hello?”

Luis flinched. It was infinitesimal, and his jaw set a split second later, but Paolo saw it and filed it away in the what the fuck section of his brain. Luis Pope didn’t flinch. In his day, a mere mention of his name had sent shivers down the spines of those who’d had cause to fear him. Too busy keeping the family business afloat, Paolo had never been one of them, but the Pope brothers were infamous. Gangsters, road men, what- ever. Luis Pope was a name, not a man who startled so easily.

Paolo tried again. “What do you want?”

Luis gaze flicked to the chalkboards above Paolo’s head. “Tea, please.”

“Anything else?”
“A job if you still have it.”

La porta si aprì all’improvviso, ma Paolo la ignorò. Se qualche cliente avesse avuto bisogno di lui, glielo avrebbe fatto sapere. Rimase concentrato sulle due dozzine di fette di bacon sulla griglia, le girò e ruppe otto uova nella padella alla sua sinistra. Il pane tostato era la sua maledizione. Con un milione di altre cose da fare, finiva spesso per dimenticarsene.

O finiva per fare qualche stupido errore.

Sentì all’improvviso odore di pane bruciato. Si lanciò verso il tostapane in tempo per recuperare sei fette di pane in cassetta carbonizzato. «Cazzo.»

Una nuova fonte di irritazione che si aggiungeva allo stress di una giornata di merda. Ed erano soltanto le undici del mattino. La ressa dell’ora di pranzo doveva ancora arrivare e, se fosse stata come quella della colazione, sarebbe stato un vero disastro.

Si girò per gettare il pane nella spazzatura. C’era dell’altro pane sul bancone, Paolo si mosse per prendere delle nuove fette senza neanche alzare gli occhi, ma una vita passata a servire colazioni alla gente buona, e cattiva, del quartiere, gli disse che c’era qualcuno in attesa al bancone. «Sarò da te fra un minuto, amico.»

Nessuna risposta. Paolo scosse la testa. Quell’idiota doveva avere gli occhi sul cellulare, incurante del mondo esterno come tutti gli altri deficienti là fuori. Chi cazzo ha tempo per stronzate del genere?

Paolo di certo non ne aveva. Preparò una dozzina di piatti, li portò ai tavoli e si preparò ad affrontare chiunque fosse la persona che aveva fatto aspettare per dieci minuti. Che si azzardasse a dire qualcosa.

Si aspettava di trovarsi davanti un commerciante della zona o uno di quegli hipster che lavoravano in banca e volevano un qualche tè esotico quando Paolo non aveva altro che tè nero, ma quando raggiunse il bancone e posò finalmente gli occhi sull’uomo che intanto aveva cominciato a sfogliare il giornale, quel metro e ottanta di bellezza imbronciata lo colse di sorpresa. Accidenti. Non gli era mai successa una cosa del genere.

Paolo aveva lavorato nel caffè di famiglia da quando aveva imparato a camminare e avrebbe potuto contare sulle dita di una mano il numero di uomini attraenti che erano entrati nel locale facendogli girare la testa. Quel totale era due: Dante Pope e il suo fratello minore Luis, ma era passato un sacco di tempo da quando uno dei fratelli Pope si era fatto vedere in giro. Secondo le voci che giravano, Dante gestiva il suo piccolo impero dal palazzo in cui viveva a Moss Farm, mentre Luis Pope era finito in prigione già da qualche anno. Paolo aveva dato per scontato che non sarebbe più uscito e si era completamente dimenticato di lui.

Non è lui, non può essere.

Ma più Paolo fissava l’uomo al bancone, più diventava difficile negarlo. Luis Pope era invecchiato negli anni in cui era scomparso dalla circolazione, ma dannazione, era diventato persino più sexy. Come un buon vino, il tempo aveva raffinato la sua bellezza da ragazzo. Aveva spalle più larghe, e capelli più lunghi. Una barba scura gli copriva la mascella decisa e al di sotto di una t-shirt troppo leggera, il suo torace era lungo e sinuoso e lasciava intuire muscoli e forza. Era… bellissimo. Peccato che Paolo lo odiasse. Delinquente del cazzo. Che diavolo ci fa qui?

Non c’era altro modo di scoprirlo a parte chiederglielo. Paolo si pulì le mani sul grembiule. «Cosa vuoi?»

Luis Pope tenne gli occhi fissi sul giornale, con il labbro inferiore stretto fra i denti e le sopracciglia aggrottate. Paolo avrebbe voluto sia tirargli un pugno che soccorrere quel labbro attraente.

Colpì il giornale con le nocche. «Ehi?»

Luis trasalì. Non era stato che un attimo e si era ripreso immediatamente, ma Paolo lo aveva notato e aveva archiviato la reazione nella sezione “che cazzo sta succedendo?” del suo cervello. Luis Pope non trasaliva. Ai vecchi tempi, la semplice menzione del suo nome aveva fatto venire i brividi alle persone che avevano un motivo per avere paura di lui. Troppo impegnato a tenere a galla il ristorante di famiglia, Paolo non era mai stato uno di loro, ma i fratelli Pope avevano una pessima reputazione. Gangster, delinquenti, robe così. Luis Pope era un nome conosciuto, non un uomo che si spaventava tanto facilmente.

Paolo provò di nuovo. «Che posso darti?»

Lo sguardo di Luis si alzò sulla lavagna sopra la testa di Paolo. «Un tè, per favore.»

«Nient’altro?»

«Un posto di lavoro, se è ancora disponibile.»